30 novembre 2019

" U sigghiaru "



Per l'imbottitura delle sedie si usava soprattutto il criniu, foglie di disa (Ampelodesmos mauritanicus) o foglie di palma nana, opportunamente lavorate con apposite macchine ("fabrica del criniu")
 U 'mpagnaseggi girava per tutto il paese a piedi, con la cassetta a tracolla, piena di giunchi di diversi colori o zammara e con i necessari attrezzi.
Quando era chiamato per la sistemazione delle sedie, svolgeva il suo lavoro in silenzio e con molta calma, anche perché, oltre alla capacità, doveva avere una buona dose di fantasia.

29 novembre 2019

" U scarparu "



Dal libro di Luigi Assenza-

U scarparu
Pur avendo una sua -putia- e i suoi picciuotti anche u scarparu si recava anche in casa dei suoi clienti per - cunzari- le scarpe di tutta la famiglia.
Appena entrava in casa del cliente cominciava ad esaminare le scarpe le metteva a terra ed assegnando al lavoro la precedenza da lui ritenuta opportuna.
Ad osservare quella lunga sfilza di scarpe da uomo, donna , bambini si rendeva conto che non c era tempo da perdere, tranne la sosta per il pranzo la giornata trascorreva fra una risuolatura e l altra mettendo toppe e toppine lasciando per ultimo l applicazione dei tacchi di cuoio o di gomma.
Durante l ultima guerra ci fù una grande richiesta di salvatacchi e salvapunte di metallo avevano la forma di mezzaluna e tre fori per far passare i chiodi , essendo di metallo facevano rimbombare il passo ma che portavano spesso a frequenti scivoloni a volte pericolosi
In compenso duravano più a lungo, cosa questa non trascurabile specialmente in tempi di emergenza

22 novembre 2019

" Luppinaru "



Luppinaru,
venditore di luppini (lupini = Lupinus spp.).
Munito di bicicletta sulla quale vi caricava du panara ri luppini, che vendeva co coppu (involucro) fatto di carta paglia (che era usata per avvolgere la pasta quando si comprava a “ròtulu”). Ordinariamente si sentiva vanniari (pubblicizzare a gran voce) dopo pranzo del sabato o della domenica; era solito anche piazzarsi vicino na putia, dove il cliente poteva prendere anche un bicchiere di vino.

21 novembre 2019

" U - Sapunaru "



Vivo  qualche rarissima eccezione in alcuni piccoli paesi, e che prende le mosse dal Quattrocento,
quando i monaci olivetani producevano del sapone con il quale compravano umili mobili per arredare il proprio convento sito in quella che oggi si chiama propria Via Monteoliveto, nei pressi di Piazza del Gesù e di fonte alla chiesa di Sant’Anna dei Lombardi.
Il sapone prodotto da quei monaci era di elevatissima qualità, e il baratto era sempre a favore dei falegnami e dei rigattieri, che poi rivendevano il sapone, simile a quello di Marsiglia,
guadagnandoci ulteriormente.
Esso era utilizzato, oltre che per lavare i panni, anche per la pulizia del corpo e dei capelli, usanza sopravvissuta fino a circa tre decenni fa, quando le grandi aziende non avevano ancora invaso il mercato con i propri prodotti, fattore che poi ha determinato la scomparsa del saponaro, di cui si parla di seguito..
 Prendendo spunto dagli olivetani il saponaro divenne un vero e proprio mestiere, praticato da chi non sapeva esercitare alcuna arte, e infatti quella figura un po’ presa in giro dagli artigiani i quali, al contrario, possedevano specifiche abilità apprese nell’arco di anni; per questo motivo, ancora oggi c’è chi apostrofa “saponaro”, o peggio “sapunariello”, colui il quale non possiede alcuna competenza, è totalmente incapace.
In realtà i saponari una grande abilità l’avevano, ed era quella di riuscire a persuadere le donne di casa ad acquistare il proprio sapone (successivamente anche altra merce di uso giornaliero) che sovente era scarsissimo e non particolarmente profumato, acquisto che avveniva, ancora, attraverso il baratto: il saponaro accettava di tutto, specialmente mappine, vestiti consunti e malandati, scarpe vecchie, oggetti di vario utilizzo non più adatti alla propria funzione che poi “riciclavano”; qualche volta erano pagati anche in denaro, se gli stracci erano davvero troppo rovinati o non ce n’erano in casa, però ciò avveniva molto di rado anche perché, come detto, il saponaro nasce proprio per liberare le donne dalla roba vecchia.
Da tale mestiere nasce poi il famoso detto ccà ‘e pezze e ‘ccà ‘o sapone, che specifica l’equità di un baratto, non solo materiale, di un “io do a te e tu dai a me”.

20 novembre 2019

Umbrillaru o paracquàru



Umbrillaru o paracquàru,

Ombrellaio, artigiano che riparava ombrelli (umbrèlla).

Andava in giro con una cassettina con fili di ferro, aghi, filo e spago di diverse misure, pinze, tenaglie e pezze di stoffa.
L'umbrillaru, quasi sempre malvestito, si occupava della sostituzione di bacchette, manici e anche per effettuare rattoppi.

19 novembre 2019

" U Carrettu "



Dai primi anni del 1800, 
allorchè il governo borbonico, decise di realizzare un sistema viario fatto di strade sterrate, le cosiddette “Regie Trazzere”, per collegare le città della Sicilia, e fino al 1950, il carretto rappresentò il principale mezzo di trasporto.
 Il carretto siciliano (in siciliano carrettu) è un mezzo a trazione equina adibito al trasporto merci, in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo, quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne.
Costruito con diverse qualità di legno, spesso fregiato da intagli bucolici e sgargianti decorazioni pittoriche, al giorno d'oggi è divenuto oggetto d'arte artigianale, nonché uno dei simboli dell'iconografia folcloristica siciliana.

18 novembre 2019

" U UTTARU "




Dal libro di Luigi Rogasi-

 U UTTARU-
La piazza era il punto preferito - re uttari- che arrivavano in coppia per rendere più agevole lo scarico della merce, in genere a fine Agosto alcune settimane prima della vendemmia, quindi proprio nel periodo in cui si aveva maggior bisogno di nuove botti, barili, barilotti, tini, damigiane, bottiglioni, tutto veniva sistemato per terra e diviso per settori allo scopo di facilitarne la scelta.
Oltre e uttari ambulanti c erano quelli locali molto bravi conoscitori del mestiere..
Anche su ordinazione fabbricavano botti di tutte le dimensioni le loro Putie si trovavano tutte nella zona antica, delimitata dall inizio di 
via Rapisardi un tempo via Depretis e dalla Vignazza, dalla Senia e dalla prima parte di via Mazzini.
Le prenotazioni arrivavano anche in altre periodi dell anno dato che dalle nostre parti molte famiglie erano proprietari di vigneti o lenze come venivano chiamate un tempo

17 novembre 2019

" U - Salaru "




Chi vendeva il sale trasportato su carro o carramattu, arnese a quattro ruote, di cui le due anteriori, direzionali, sono collegate a due aste per il traino con mulo o cavallo).
Il sale veniva riposto in cumuli sul piano di carico.
Il salaru andava in giro abbanniannu: 
"Aiu u' sali.
Sali finu e sali rossu", con gli occhi rivolti verso il cielo per evitare che qualche acquazzone non sciogliesse il suo prezioso carico.

16 novembre 2019

" I calendarietti profumati "




Dal libro di Luigi Rogasi

 - I calendarietti profumati dei barbieri 
che all arrivo delle festività natalizie erano soliti offrire ai loro clienti
Oltre ad essere una vera rarità oggi sono addirittura oggetto da collezione, era l omaggio atteso, sollecitato e ricercato da una clientela per lo più giovane che li riceveva - a mucciuni- per certe illustrazioni che la mentalità dell epoca giudicava scandalose..
Erano - calendarietti- dall interno profumo di cipria o di gelsomino, composti da più foglietti di carta patinata a colori, formato tascabile, tenuti insieme da un lucido cordoncino di seta o di cotone bianco o colorato, reso fermo da un minuscolo nodo sfilacciato all estremità, le pagine con i mesi si alternavano a quelle con maliziose foto di note attrici dell epoca, in costume da bagno, o in atteggiamento osè.

15 novembre 2019

don SEBASTIANO PALUMBO



Paṭṛi Palummu

 Primogenito di 
Salvatore Palumbo e di Marietta Gambuzza, 
dopo aver trascorso l’infanzia a Pozzallo, spinto da una forte vocazione religiosa, egli scelse di entrare in Seminario dove dimostrò subito grande volontà e desiderio di apprendere.
Durante le vacanze estive, assieme ad altri giovani, trascorrevano parte dei i pomeriggi sul sagrato della Chiesa Madre, facendo da vivace corona all’Arciprete don Rosario Canonico e a don Ciccino Gugliotta. 
Fra l’altro mons. Matteo Gambuzza, suo zio materno, gli fu modello e guida illuminata fino ed oltre la sua Ordinazione Sacerdotale, ricevuta nella Cattedrale di Noto il 29 giugno 1950 dal Vescovo di allora mons. Angelo Calabretta.
Dopo i primi mesi trascorsi in Curia, nell’ottobre del 1950 ebbe dal Vescovo l’incarico d’insegnamento presso il Piccolo Seminario di Modica, passando poi in quello Vescovile di Noto: ma per poco, perché dal 1952 venne assegnato alla parrocchia di sant’Antonio di Avola, dove mise tutto il suo giovanile entusiasmo nell’organizzazione dell’Azione Cattolica.
Nel 1953 fu tuttavia richiamato come docente in Seminario, dove rimase fino al 1962, anno in cui raggiunse Pozzallo per coadiuvare mons. Francesco Gugliotta (don Ciccino) alla guida della Parrocchia di San Giovanni Battista. 
Il 14 luglio 1962, in seguito alla richiesta di esonero delle responsabilità parrocchiali, presentata per motivi di salute dall’anziano sacerdote, don Sebastiano ne assunse la titolarità, impegnandosi in un’attività pastorale che pervase ben presto la Comunità dalla quale era stato accolto con tanto calore umano. 
La sua costante presenza nei quartieri della parrocchia, la sua vicinanza agli ammalati ed ai sofferenti, aiutarono a far crescere il suo popolo che pregava insieme a lui per i suoi figli vicini e lontani, per i suoi svignati ed i suoi emigrati.
Oltre ad essere docente di Religione nella Scuola Media "Rogasi" fu anche Direttore Diocesano dell’Apostolato della Preghiera e, dal 14 ottobre 1988, fu nominato Vicario Foraneo di Pozzallo . 
Purtroppo, il 19 agosto 1986, un grave infarto portò smarrimento e sgomento in una cittadinanza che non gli aveva mai fatto mancare simpatia, incoraggiamento ed apprezzamento per la sua opera: l’immediato ricovero all’Ospedale Maggiore di Modica risolse positivamente la malattia, rientrando in Parrocchia dopo un periodo di convalescenza trascorso presso le Suore Benedettine.
Nel giugno 1990 una ricaduta della malattia, questa volta con blocco renale, lo portò all’Ospedale "Piemonte" di Messina, dove il 18 giugno egli venne operato e poi trasferito al Policlinico, perché bisognoso di cure più appropriate. 
Ma le speranze ebbero breve durata: all’alba del 4 luglio 1990 don Sebastiano Palumbo spirò serenamente, consapevole che era arrivato il momento di porre fine al suo viaggio terreno e di andare verso la Resurrezione.

 Luigi Rogasi Pozzallesi del xx secolo

14 novembre 2019

" BEDDA MATRI NUNZIATA "





NI NA CAMMERA SITI FRIMMATA, 
 L'ANGELO A LI PIERI VI RUMMIA, 
 ARRIPIGLITI ANGILU,
 CI SU VINUTI TRI NUVULI, 
UNA RI ACQUA, UNA RI VIENTU, UNA RI CURA RI TRAUNARA, 
 PIGGHIA U CUTIEDDU E TAGLILA, 
 ABBIELLA N'TA NA CAVA SENZA UNNI NUN CI CODDA SULI, 
 UNNI NUN CI CODDA LUNA 
 NUN FARI DANNU A NESSUNA CREATURA.






" SAN BIAGIU PADRON "




 SAN MILASI VUI LA TERRA MI VADDATI 
 DA LI TRONA TIMPISTATI,
VUI RAVANZI VI TRUVATI QUENI LU CIU' RANNI, 
 U PATRUNI E SAN GIUVANNI. 
 OH ! CHI MIRACULU FU CHISTU U PATRUNI E' GESU' CRISTU. 
 SCANSATIMI RI FAMI, RI PESTI, RI GUERRE,
 RI N'CINA, RI PICCATI MURTALI,
 RI TERREMOTI A MIA E
 A TUTTI QUANTI CRISTIANI.

13 novembre 2019

" La figura Ro scippa Jàgni "



Dal libro di Rogasi Luigi-

 La figura Ro scippa Jàgni-

Questo mestiere veniva esercitato da pochi barbieri per arrotondare i loro introiti, cercavano di sopperire come meglio potevano alla mancanza in paese- rò rintista..
Non esisteva altra scelta nei casi di emergenza bisognava ricorrere al loro intervento limitata alla sola estrazione del dente sofferente.
I barbieri che avevano scelto questa seconda attività lo facevano con molto impegno ed erano sempre pronti a lasciare il loro salone per raggiungere l abitazione di chi ne reclamava con urgenza la presenza erano persone perfettamente consapevoli di non poter andare oltre.
Quindi chi aveva altri tipi di problemi non restava altro che raggiungere Modica o Noto servendosi di carrozze, calessi, perfino di carretti o prendere il treno che nella tratta Ragusa- Siracusa era già in attività dal 1891.
Poi a partire dagli anni venti le cose cominciarono però a cambiare anche dalle nostre parti i primi autisti di piazza con le loro automobili rendevano più rapiti gli spostamenti.
Negli anni 40 con una migliore condizione di vita arrivarono anche i primi medici dentisti provvedendo a colmare un vuoto del quale si sentiva la necessità. Attenzione però appena tolta - a jagna doveva essere lanciata subito sui tetti accompagnando il gesto con l invocazione San Nicola,- ju ti rugnu a veccia e tu mi runi a nova.

12 novembre 2019

TRA IL SACRO ED IL PROFANO





Santa Barbara

 nun rummiti ca li trona sù partuti, sù patrtuti e sù pa via,
 Santa Barbara, cu mia!
 Tri nuvuli vitti veniri:
 Una ri acqua, una ri vientu, e una cu na cura ri traunara. (tromba d'aria)
 Pigghiatili, tagghiatili nto mienzu e ghittatili ntà na cava scura, unni nun canta n'gniaddu, unni nun c'è nessunu lustru ri luna, e unni nun c'è nessuna criatura.

 Molti di voi potrebbero ricordare che nel passato, i nostri avi, quando c'erano i temporali, con tuoni e fulmini, esponevano in casa, nelle vetrate la bolla dei luoghi santi.



                                                    




                                                   


11 novembre 2019

LA LEGGENDA DI SAN MARTINO






LA LEGGENDA DI SAN MARTINO 
(da cui “l’estate di S. Martino”)

 Era l’11 novembre: il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero. 
Ma ecco che lungo la strada c’è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo. 
Martino lo guarda e sente una stretta al cuore.
 “Poveretto, ­ pensa ­ morirà per il gelo!” E pensa come fare per dargli un po’ di sollievo. 
Basterebbe una coperta, ma non ne ha. 
Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito;
 ma per caso il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo. 
E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto.
Gli viene un’idea e, poiché gli appare buona, non ci pensa due volte. 
Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. 
“Dio ve ne renda merito!”, balbetta il mendicante, e sparisce. 
San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. 
Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma. 
Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno.
 Il cielo diventa sereno, l’aria si fa mite. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. 
Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell’atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio. ♥♥♥

10 novembre 2019

" U Lantirnaru o Stagnino "



Stagnataru e stagninu,

il suo lavoro consisteva nel fondere lo stagno e fare le saldature per aggiustari i vari tipi di recipienti di rame, pentole, padelle, pentoloni, quartare. La stagnatura, necessaria per evitare la tossicità del rame a contatto con gli alimenti, veniva effettuata in laboratorio, mentre le riparazioni si effettuavano lungo le strade, anche perché spesso non si aveva la disponibilità di altre pentole o padelle. Era compito dello stagninu realizzare ogni sorta di utensile per cucina, brocche, teglie, bracieri, grondaie, ecc. partendo dai fogli di rame rosso o da lamiera zincata. Sul foglio di lamiera si applicavano le forme per ottenere l'oggetto desiderato e con un bulino si disegnavano i contorni; poi con una cesoia si ritagliava, si piegava, si modellava, e si saldava. Prima ancora di attaccare il manico agli utinsili, si marStagnataru e stagninu, tellava tutto per eliminare quelle forme lisce o lucenti e dare così maggior resistenza

09 novembre 2019

" U Ritrattista "



Da un libro di Luigi Rogasi-

 U Ritrattista 
Passava per le strade di Pozzallo almeno due volte al mese.
Per strada ripeteva sempre Facitibi u ritrattu cca sugnu, fazzu ritratta a piccili e ranni pinsati e parienti ra Merica.
 Le persone lo aspettavano con ansia prima si avvicinavano parlottavano e rientravano subito per cambiarsi d abito e darsi una pettinata nel frattempo u ritrattista ne approfittava per sistemare sul marciapiede u trippieri e cominciava a preparare a machina fotografica.
 Per le foto fatte in casa bisognava ricorrere al lampo di magnesio che al momento dello scatto illuminava l ambiente sprigionando un denso fumo bianco che si disperdeva subito.
Dagli anni trenta in poi la gente preferiva rivolgersi all unico fotografo esistente in paese
Foto Assenza.
Oggi in qualche casa è possibile trovare foto sbiadite segno evidente del trascorrere degli anni.
Le foto appese alle pareti dovevano essere leggermente staccate dal muro se si trattava di persone viventi, poggiate al muro se riguardavano persone defunte.

08 novembre 2019

Antonio Azzarelli





Di Michele Giardina

Antonio Azzarelli. Cinquantotto anni.

 Se n’è andato in silenzio.
 Il dribbling in velocità per superare il diretto avversario questa volta non gli è riuscito.
 Se n’è andato in silenzio dopo avere fatto tutto il possibile per fermare l’avversario di maglia nera vestito, irriducibile, subdolo.
Se n’è andato con il sorriso di ragazzo sereno e perbene stampato sul volto.
 Da giornalista sportivo l’ho seguito nella sua crescita di calciatore dotato tecnicamente e fisicamente. Ragazzo di straordinarie doti umane e morali, aveva tutte le carte in regola per farsi largo in un mondo professionale ove non è facile affermarsi.
Ha giocato a buoni livelli, il bravo e mite Antonio.
 Certo è che avrebbe meritato più fortuna.
 Piangono per lui la moglie e i quattro figli, la famiglia d’origine, i suoi ex compagni di squadra, gli amici, i conoscenti e quanti lo hanno conosciuto sui vari campi di calcio.
 Piange per lui l’intera comunità locale.



Ciao cugino
Tante cose si potrebbero dire te, uomo speciale buono solare.. grande calciatore si perché Antonio era un eroe dentro e fuori dal campo... Antonio che il tuo viaggio in paradiso sia sereno noi tutti pregheremo per te ...CIAO GRANDE UOMO ...sarai sempre nei nostri cuori...R.I.P  ❤️❤️❤️

 P.s : Tutta la società POZZALLO CALCIO si unisce al dolore della famiglia ..RIP ANTONIO ❤️❤️❤️


07 novembre 2019

" Conza piatti e lemmi "



Conza piatti e lemmi,
artigiano che provvedeva alla riparazione dei piatti e lemmi rotti.
Gli attrezzi occorrenti per il suo lavoro erano: un trapano a mano fatto di legno, filo di ferro non molto grosso, stucco bianco in polvere; il tutto tenuto in una cassetta di legno che portava sulla spalla e così andava in giro a cercare lavoro.
Dopo un attento esame degli oggetti in terracotta da sanare, sulle parti rotte praticava in modo simmetrico dei forellini, dove infilava il filo di ferro, che opportunamente stringeva per fare combaciare le parti rotte.
Infine passava una leggera mano di stucco lungo la frattura e sui fili di ferro.
E così l'oggetto ritornava a svolgere la sua originaria funzione.

04 novembre 2019

Ammula fòrfici e cuteddi



Arrotino,

figura tipica che andava in giro con una bicicletta su cui era montata una mola (pietra abrasiva), opportunamente collegata ai pedali mediante una cinghia, che funzionava solo quando la bicicletta era sollevata su un cavalletto in ferro.
Sopra la mola vi era collocata una scatola piena di acqua e fornita di un rubinetto.
Questo gocciolando continuamente impediva alle lame da affilare di diventare molto calde.
I coltelli, le accette, le roncole, le forbici ed altri attrezzi da taglio affidati all’ammula forfici venivano restituiti affilati come rasoi.
 Questo lavoro originariamente veniva svolto con un trabiccolo a ruota, molto pesante e ingombrante.

03 novembre 2019

" A calati o ponti "




tratto dal libro di Luigi Rogasi

 VITO PITROLO nato a Pozzallo il 6 settembre del 1891 conosciuto come "A CALATI O PONTI". Una notorietà guadagnata sulla strada, mettendo a servizio dei pozzallesi una "VOCE". 
 Un timbro inconfondibile che si faceva sentire nelle ore pomeridiane negli anni dal 1940 al 1955.
 La sua voce comunicava "L'arrivo del pesce fresco". Lo faceva senza megafono, camminava a piedi scalzi per i quartieri di Pozzallo.
 Ritmava il suo "A CALATI o PONTI" battendo il bastone per terra e con l'altra mano, appoggiata alle labbra, orientava la direzione della voce. 
Ad ogni tipo di pesce dava una tonalità giusta. "A CALATI O PONTI, trigghi e murruzzi, purpi e sicci, palummeddi e raja, cocci e lumeri, ammuru e pisci ppi bruoru, A CALATI O PONTI".
 Concludeva sempre così mentre la sua voce si perdeva in lontananza:
 "MANGIA PUOPULU CA' PATUTU" esortando i pozzallesi a mangiare e a non farsi mancare nulla dopo aver patito le privazioni della guerra. 
L'eco della sua voce era "arrivato" anche oltre Oceano, in America dove i nostri emigrati pozzallesi raccontavano di Vito A CALATI o PONTI. 
Alcune Televisioni americane arrivarono fino a Pozzallo per filmare il percorso mentre la sua voce diffondeva nei quartieri di Pozzallo che era arrivato il pesce fresco o PONTI.
 La sua voce, che era stata Colonna Sonora e che aveva saputo scandire le ore in una città che si riprendeva dalla guerra, si spense il 31 ottobre del 1961.

Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

anticamacina

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