13 agosto 2021

La leggenda di Scilla e Cariddi: i due mostri mitologici che abitavano lo stretto di Messina

 

Scilla, ninfa dai bellissimi occhi azzurri, come si racconta nelle “Metamorfosi” di Ovidio, 
era fortemente amata da un giovane e bellissimo pescatore di nome Glauco. 
Il ragazzo, un giorno, mentre pescava in un punto in cui l’erba cresceva più verde, 
si accorse che i pesci, ormai morti, che poggiava su quell’erba, tornavano in vita e si rigettavano in acqua. Decise di assaggiare quell’erba e improvvisamente il suo corpo cominciò a trasformarsi. Gli comparve una coda di pesce al posto delle gambe e le sue braccia, il corpo, i capelli diventarono di un verde-azzurro, colore del mare. Così Glauco, diventato tritone si gettò in mare felice, dove viveva come una divinità marina.

Nuotando verso lo stretto Glauco incontrò la bellissima ninfa Scilla. 
Come la vide, il dio marino se ne innamorò follemente ma la ragazza lo rifiutò per il suo aspetto; così Glauco decise di rivolgersi ad una esperta maga perché facesse innamorare Scilla di lui.



La maga Circe


Questo grande amore scatenò però la furiosa gelosia di Circe, che voleva Glauco (figlio di Nettuno?) tutto per sé. E sappiamo di cosa fosse capace la maga Circe, in altre storie e avventure epiche raccontate da Omero. Circe si offrì a Glauco, ma respinta da costui perché fortemente innamorato di Scilla, architettò una crudele vendetta nei confronti della rivale in amore e gettò una pozione magica nelle acque della caletta, dove la ninfa si immergeva.

Quest’acqua così contaminata trasformò la bella Scilla in un bruttissimo mostro marino. 
Quando la ragazza vide il suo corpo mostruoso, disperata, si immerse, per non riemergere più, negli abissi dello stretto di Messina, in una profonda grotta, nelle cui vicinanze viveva, nascosto, un altro mostro marino, Cariddi, con una gigantesca bocca piena di varie file di numerosissimi denti e una voracità infinita.




La rabbia nei confronti di Circe si ingigantiva nell’animo di Scilla e la vendetta si abbatté per prima su Ulisse e i suoi compagni, quando questi tentarono di oltrepassare lo stretto di Messina. 
Il povero mostro marino- racconta Ovidio – a causa di questo gesto fu trasformato in uno scoglio, ma anche come scoglio era l’incubo dei marinai che se ne tenevano alla larga.

Nella realtà Scilla non è altro che uno scoglio, mentre Cariddi è un gorgo. In passato, però, 
essi rappresentavano, davvero, un grave pericolo per pescatori e marinai, poiché le imbarcazioni in uso allora non erano in grado di attraversare, senza correre pericoli, quel tratto di mare. 
Si tratta in effetti di correnti che attraversano lo Stretto di Messina sede di particolari fenomeni tra cui i vortici, chiamati bocche di Cariddi, dovuti alle correnti di marea e all’incontro-scontro di due mari, il Tirreno e lo Ionio che hanno caratteristiche e profondità diverse.


La fontana di Nettuno a Messina: ai lati 
Scilla e Cariddi


Questi personaggi mitologici, esaltati dalla fantasia dei grandi scrittori Greci, che riuscivano a rendere umani certi fenomeni naturali inspiegabili, continuano ad affascinare la fantasia popolare. Appartengono di diritto al patrimonio culturale e a quel bagaglio di storie e leggende che si tramandano, si trasformano, si adattano e segnano l’appartenenza a un territorio.

01 agosto 2021

Per ''sciusciarsi'', ma anche per il fuoco: il ''muscaloru'' dalle mille (e intelligenti) funzioni


"'U muscaloru"


Chi non ha mai visto in una casa antica – di nonni, zii o parenti anziani – il mitico muscaloru? Avrete sicuramente notato quella sorta di antenato della racchetta ''ammazza zanzare'', molto più raffinato, in legno intrecciato, a forma di ventaglio.

Un'immagine che probabilmente tutti conserviamo nella memoria è quella del nonno che corre per la casa brandendo il muscaloru per allontanare gli insetti e la nonna che si sventola col ventaglio nelle giornate più calde, recitando il rosario, ogni tanto interrotto da esclamazioni di sconforto quali ''chi cavuru oggi!'', ''staiu muriennu'', ''un cia fazzu cchiù'', e altri memorabili slanci di ottimismo.

Il muscaloru (forse dal latino ''muscarium'', che significa ''ventaglio scacciamosche'' e ''fiore ad ombrello'') o ''sciuscialoru'', era un ventaglio rustico col manico e aveva tante funzioni: la prima e principale era quella di allontanare le mosche durante la civiltà contadina, quando le condizioni igieniche non erano ottime.

Veniva costruito con legno di palma nana intrecciato e chiaramente poteva essere utilizzato anche come un vero e proprio ventaglio - nonna docet -, ovvero per ''sciusciarsi'', come antenato del ventilatore, nelle calde giornate estive: gesto rigorosamente accompagnato da imprecazioni contro il caldo

Un'altra importante funzione era quella di alimentare il fuoco, sventolando sulla fiamma ardente. A molti sarà capitato di ricevere da nonni o genitori l'incarico di ''sciusciare'' sul fuoco del ''cufularu'', cioè il focolare, l'ambiente che oggi a grandi linee corrisponde alla cucina, dove ci si riuniva per stare in compagnia e raccontare storie.

Ancora oggi c'è chi parte da quella tradizione rileggendola in chiave moderna e alimenta il fuoco delle "arrostute", per Pasquetta o il 1 maggio.

Tornando alle sue origini, il termine ''muscaloru'', tuttavia, non era utilizzato solo per il ventaglio, ma indicava anche la decorazione in ferro battuto che si trovava sull'arco dei portoni degli antichi palazzi. Veniva costruito da un fabbro e chiamato ''muscaloru'' perché aveva la forma di un ventaglio aperto, una sorta di mezzaluna ornamentale. L'aspetto bucherellato garantiva il passaggio della luce e dell'aria e spesso i muscalori erano dei veri e propri capolavori artigianali, a volte con le incisioni delle iniziali dei proprietari della casa.

Il portone veniva così reso più elegante per via del muscaloru, che aveva funzione di abbellimento ma anche di difesa, perché, grazie alla forma a ventaglio, entrava la luce ma non potevano entrare persone o animali.

Non finisce qui l'insieme dei significati che ha assunto nel tempo il termine ''muscaloru'': sempre con la funzione di protezione, in alcuni paesi, il muscaloru era un'apertura sopra le porte, con una rete, per evitare che le mosche entrassero; in altri paesi era un buco che si faceva sulla porta in basso per buttare dentro la chiave, quindi una specie di cassaforte.

C'era anche chi utilizzava il muscaloru, nella sua veste di ventaglio, poggiandolo sul piatto per impedire alle mosche di assalire le pietanze. Insomma il muscaloru non serviva solo per ''sciusciarsi'' e non era solo un ventaglio, nonostante questa sia la sua definizione più conosciuta e diffusa. Tante le sfumature di significato che hanno accompagnato questo termine oggi poco utilizzato.

Come nelle fiabe e nei ricordi del passato, che spesso si confondono, il muscaloru è un oggetto che tutti conoscono e che tutti hanno visto, probabilmente anche i giovanissimi, perché è una specie di mascotte che non può mancare nelle case dei siciliani.

Un posto privilegiato nella top ten degli oggetti tipici siciliani è, dunque, destinato al ventaglio dalle mille funzioni: oltre ad essere un simbolo di usanze e tradizioni che oggi non esistono più, è anche un dolce ricordo d'infanzia.

Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

anticamacina

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