18 dicembre 2019

" IL Lavoro a Tombolo "


 

Anche questo, come quella della ricamatrice era una attività tipica di un periodo ormai passato in cui le ragazze da marito non potevano fare a meno del corredo, anche se di modeste condizioni economiche.
 Difficile stabilire con esattezza il termine per indicare questo mestiere; molti lo chiamavano
 "lavoro a tombolo" per la forma cilindrica del grosso cuscino sul quale le donne svolgevano un paziente ed attento lavoro.
 Questo consisteva nel "cucire" e nell'intrecciare", inserendo tra tantissimi spilli, il cotone di vari colori.
 Ovviamente seguivano le indicazioni del cliente.
 Ma la gran prevalenza del lavoro veniva svolto per realizzare dei centri tavolo, delle grandi tovaglie e a volte anche dei copriletto.
 Quasi sempre alla fine del lavoro vi era l'aggiunta di un orlo di completamento che poteva essere assimilato al ricamo già effettuato.
 Le donne che si dedicavano al "tombolo" non erano poche, ma il loro guadagno era modestissimo, tanto da arrotondare le già scarse entrate del marito, occupato da lavori saltuari.

Il Tombolo è un merletto che si esegue avvalendosi di fuselli o tommarielli e con l’aiuto di spilli si segue un disegno fissato su un cuscino di paglia.

 Il filo viene avvolto intorno ai fuselli e s’inizia la lavorazione!



 Esistono vari tipi di ricami con il Tombolo: si parte dalla Trina che è quello base e si arriva alle lavorazioni più complesse come la Spina di pesce o la Foglia d’uva per cui occorre munirsi di ben 238 fuselli!



15 dicembre 2019

" Preghiera dei Naviganti "




 Al calar della sera,  noi uomini di mare a Te leviamo o Signore la nostra preghiera ed i nostri cuori:
 i vivi sulle navi, i morti in fondo al mare.
 Fa che la notte passi serena per chi veglia nel lavoro, per chi stanco si riposa.
 Fa che ogni navigante, prima del sonno, si segni col tuo segno, nel Tuo amore, nel Tuo perdono ed in pace coi fratelli.
 Fa che ogni nave conservi la sua rotta
 ed ogni navigante la sua fede.
 Comanda ai venti ed alle onde di non cimentare la nostra nave, comanda al Maligno di non tentare i nostri cuori.
 Conforta la nostra solitudine con il ricordo dei nostri cari, la nostra malinconia con la speranza del domani, le nostre inquietudini con la certezza del ritorno.
 Benedici le famiglie che lasciammo sulla riva;
 Benedici la nostra Patria e tutte le Patrie dei naviganti, che il mare unisce e non divide:
 Benedici chi lavora sul mare per meritarsi il pane quotidiano;
 Benedici chi lavora sui libri per meritarsi il mare;
 Benedici chi in fondo al mare attende
 la Tua luce ed il Tuo perdono.

 E COSÌ SIA!

12 dicembre 2019

- Putiaru -



Putiaru,
 il gestore della putia (bottega) dove si svolgeva una attività o si vendeva della merce,
 più specificatamente dove si poteva gustare il quartino di vino, rosso o bianco (ca cazzusa o senza), 'u bicchireddu di zìbibbu o marsala, e soprattutto si poteva mangiare il piatto di liumi (legumi: ciciri, triaca, linticchia o favi), cu l'ogghiù bonu e pani ri vastedda.
 E, solo in alcuni giorni della settimana, si poteva mangiare un buon piatto di quarumi (caldume, pietanza calda), oppure di mussi (guanciali) e carcagnola (nervi e tendini di bovino), il tutto opportunamente pulito e bollito, accompagnato da cipolla, sale, pepe, nelle più svariate combinazioni. Nella stessa putia i quattru (e più) cumpari si riunivano per fare la giocata a patruni e sutta ('u toccu)..

11 dicembre 2019

- U Rarrabbuttaru -



Dal romanzo di Luigi Rogasi


- U Rarrabbuttaru-

 Fino agli anni quaranta quasi tutte le abitazioni di Pozzallo erano ancora sprovviste di w.c in buona sostanza non vi era rete fognante il problema poteva essere risolto usando u Catusu che tutta via presentava l inconveniente di dover essere svuotato ogni sera feste comprese.
A questo punto entra in scena a Carrabutta era un carro con una grande botte nella parte superiore
un ampia apertura rotonda permetteva di potervi agevolmente versare il contenuto dei vasi da notte. Come possiamo intuire il lavoro di quest uomo doveva essere duro e faticoso compreso quello di farlo da solo.
Tutte le notti infatti attraversava Pozzallo seguendo un itinerario che non consentiva variazioni o dimendicanze.
Cosi notte dopo notte senza mai saltare un abitazione lavorava con qualsiasi tempo con vento, freddo, lampi, pioggia o burrasca , indossando per l occasione un ampio mantello impermeabile con cappuccio stretto al mento che gli consentiva di avere libere le braccia e mani una lunga passeggiate notturna fino ai primi albori del giorno. 
Nel periodo invernale transitava dopo le 22, mentre in estate cominciava oltre la mezzanotte se non altro per evitare problemi olfattivi a chi era intento a godersi in pace dei vicini la frescura serale ,
 l eventuale inatteso transito portava però la gente a tapparsi di corsa in casa almeno fin quando con l allontanarsi del veicolo i cattivi odori svanivano nell aria.
Poi spesso con il rientro di tanti giovani che la sera rientravano a casa per divertimento cercavano di colpire i recipienti ancora in attesa del prelievo con conseguenze immagginabili.

07 dicembre 2019

Ciaramiddaru



Ciaramiddaru, suonatore di ciaramedda, cornamusa, strumento musicale a fiato, composto di un ùtru (sacca di pelle di capra per la riserva d'aria), a vùsciula (blocco di legno con tre canne, una per dargli fiato e le altre due per suonare).
Fondamentalmente l'attività si svolgeva nel periodo natalizio davanti la cona o il presepe, i cui preparativi si facevano coincidere con il giorno dell'Immacolata.
I ciaramiddara scendevano numerosi da Maletto, Bronte o Randazzo, con lo strumento stretto su un fianco, ricoperti dalle loro robuste pelli e calzando calosce di gomma, i scarpitti ‘i pilu, per cercare  i clienti (parrusciàni), dove fare le suonate.
Ciò avveniva a cominciare dal giorno di Santa Lucia fino alla vigilia di Natale.
Per i bambini era una grande festa: dopo avere ascoltato la suonata in casa della "zia" più facoltosa, accompagnavano per lunghi tratti uNonareddi ciaramiddaru, finché non arrivava il puntuale richiamo delle loro mamme.
 In tempi meno recenti, davanti la cona e i numerosi altarini presenti in diverse strade , si potevano ascoltare le cantate della Novena, che iniziava il 16 dicembre per finire il 24. Nove erano i giorni della recita per simboleggiare i nove mesi di gestazione della Vergine Maria; nove erano le candele poste sul davanzale dell'altarino da accendere una per ogni giorno di recita; Nonareddi erano chiamati gli incolti suonatori, trasandati e derelitti (meglio conosciuti come l'orbi, in quanto spesso non vedenti), che intonavano nenie dietro compenso di un bicchiere di vino e una manciata di biscotti. '

06 dicembre 2019

- Custureri -



Custureri, 
sarto, chi taglia i vestimenti e li cuce.

L’arte del confezionamento dei vestiti su misura ha avuto la massima diffusione negli anni ’60, dando origine a dei veri specialisti, quali modisti, bustai, cravattai, camiciai, causunari (chi cuciva i pantaloni) e interessando i ceti alti e medi, con esclusione delle famiglie di basso ceto che provvedevano in proprio al confezionamento dei vestiti, grazie anche alla diffusione delle macchine da cucire (“Singiri”, ad esempio). in ogni cortile c'era sempre qualcuno che faceva da mastra.
 Chi faceva ricorso al custureri doveva avere molta pazienza (per la lungaggine).
Prima bisognava scegliere il modello, poi la stoffa, il colore, prendere le misure, fare le prime prove con la stoffa 'ngiumata (imbastita), fare le prove a stoffa cucita, e finalmente con la prova finale era solito sentir dire "Stu vistitu ti casca a pinnello", per dire che il lavoro era stato fatto ad arte.

05 dicembre 2019

- Firraru -



Firraru,
fabbro, (mastru per eccellenza), chi principalmente forgiava i ferri per gli zoccoli dei cavalli, dei muli e degli asini.
Il fabbro batteva il ferro arroventato sull’incudine in modo quasi ritmato e meccanico.
 Il ferro rovente perdeva la sua durezza e sotto i colpi del martello si poteva modellare, per creare ferri di cavallo ed anche arnesi e utensili per i lavori di campagna: zappe, falci, ecc., fino ad arrivare agli arabeschi per carretti, inferriate e cancelli.
Erano in pochi ad occuparsi solo di ferratura e medicazione di cavalli (maniscàlcu).
Al ferraio si rivolgevano non solo i contadini, i pastori o le massaie, ma anche gli altri artigiani per completare le loro opere o per la manutenzione dei loro strumenti di lavoro.
 Un particolare tipi di fabbro era 'u ramaturi, che si faceva carico di preparare le boccole, 'i vìsciuli, che sono delle scatole metalliche a forma di tronco di cono, che vanno incastrate nei mozzi delle ruote, realizzate con una lega speciale, composta da 78 parti di rame e 22 di stagno

04 dicembre 2019

lL Carbonaio



lL carbonaio viveva nel bosco in abitazioni da lui stesso costruite " U PAGGHIARU " ,
il tipo di lavoro non gli permetteva di spostarsi in quanto la carbonizzazione del carbone gli imponeva la sorveglianza 24 ore su 24.
Il carbonaio, dopo aver trasportato la legna nei pressi delle " GINISATE " iniziava la costruzione del " FUSSUNI " predisponendo la legna in modo da costruire una struttura di forma conica.
La fase successiva consisteva nel coprire 
"U FUSSUNI" con terra dopo aver predisposto un'apposito strato di rami per impedire alla stessa di infiltrarsi all'interno della carbonaia.
Quando la costruzione era terminata , si dava fuoco attraverso una piccola fessura situata alla base del "FUSSUNI" chiamata " PURTEDDA " iniziava così il processo di cottura.
La lenta combustione durava circa una settimana (a secondo della dimensione del "Fussuni" ),
man mano la cottura procedeva, questo diminuiva di volume .
Una volta terminata la cottura, si procedeva allo spegnimento della carbonaia, con l'occlusione di tutte le sue aperture e successivamente allo smantellamento.
Quindi si procedeva all'insaccamento del carbone e al trasporto con i muli e i carretti ai fini commerciali.
Attualmente si adoperano attrezzature più moderne e più confortevoli, ma il processo di lavorazione avviene allo stesso modo, assistiamo però ad un calo dell'attività a causa della concorrenza dei combustibili.


03 dicembre 2019

Bicicletta del Pompiere



Bicicletta del Pompiere, primi ‘900 circa.
Questa bicicletta, costruita nei primi anni del ‘900 , era destinata ai vigili del fuoco che operavano all’ interno delle industrie petrolchimiche.
 La dotazione di questa bicicletta comprendeva oltre alla manichetta per l’ acqua arrotolata nel telaio, un becco a lancia, un piede di porco, una piccola ascia, la sirena (funzionante tramite attrito sulla ruota anteriore) il casco ed un fanale a carburo.
Le manopole ed i pedali sono in legno, il freno era previsto sulla sola ruota anteriore.

02 dicembre 2019

La ricamatrice



La ricamatrice
Uno degli antichi mestieri siciliani più conosciuto ancora oggi è quello della ricamatrice. Lo identifichiamo immediatamente con la figura femminile per eccellenza, ben vivida nel nostro immaginario della Sicilia più tradizionale. Fortunatamente questo antico mestiere continua ancora a sopravvivere, anche se ormai sono poche le donne che conoscono l’arte del ricamo questa continua ad essere tramandata (soprattutto grazie alle nostre nonne) e si spera non venga dimenticata. Le ricamatrici per professione lavoravano su commissione, soprattutto biancheria per i corredi delle giovani nubili del paese, ma anche tende e arredi. Ogni giorno la loro casa era frequentata da giovani donne, solitamente dall’età compresa tra i 14 e i 18 anni. Le ragazze si recavano lì per imparare il mestiere e la ricamatrice veniva chiamata “maestra” (a Melilli era detta “a mascia”). I ricami venivano eseguiti sia a mano che con la macchina da cucire: intaglio, punto pieno, punto ombra, sfilato siciliano, cordoncino… ma il più pregiato e costoso era il pizzo di Cantù.

Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

anticamacina

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