30 ottobre 2015

La Vera storia Della (Irene of Boston)


Irene of Boston


Giugno del 1914 a Boston, in un vecchio cantiere posto nell'immediata periferia della città , proprio sul fiume Trent, si stava per varare la barca che, in futuro, avrebbe reso famoso il nome della città dove era stata costruita: 
IRENE OF BOSTON. Lunga 21 metri, (senza considerare gli oltre 3 mt. della sporgenza da poppa, del boma della mez- zana), larga 4,50, con un pescaggio di 2,50 mt., un dislocamento di 35 tonnellate, era, come tutte le barche di quel tipo, costruite in quella epoca, completamente priva di motore. Appena finiti gli ultimi ritocchi che avrebbero permesso a IRENE di arrivare, per la prima volta, dallo scalo fino al suo elemento naturale, si fecero salire a bordo i due uomini che avrebbero effettuato la manovra, chiamata la madrina per far infrangere la tradizionale bottiglia di champagne contro il mascone; ma, anzichè eseguire l'ormai classico rituale, la ragazza, figlia minore del maestro d'ascia che aveva costruito IRENE e che,quindi, aveva visto materialmente nascere e crescere la barca, si avvicinò alla prua e le diede un lungo e affettuoso bacio. Subito dopo, 
IRENE OF BOSTON, scivolò dolcemente in acqua tra gli applausi delle maestranze del cantiere. Pochi giorni dopo venne trasferita a Lowestoft, porto nel mare del Nord, per essere consegnata a uno dei piloti che l'avavano acquistata. 
IRENE OF BOSTON cominciò così la sua carriera di " Pilotship", in quel tremendo mare, che ogni giorno metteva a dura prova la sua robusta struttura. Durante tutto il periodo della grande guerra la barca dovette spesso arrivare fin quasi sotto le coste Olandesi per imbarcare il pilota sulle navi alleate e guidarle con celerità anche in caso di nebbia, sino a Lowestoft. 
Nel 1929 fu acquistata da alcuni piloti di Brighton, nel Canale della Manica, dove rimase fino al 1934, quando fu notata da un giovane aristocratico londinese, che la acqustò per una cifra considerevole. Il nuovo proprietario effettuò nuove modifiche agli interni, istallando per la prima volta il motore. I lavori durarono quasi due anni e IRENE OF BOSTON ri- prese il mare, nella sua nuova veste di jacht d'altura, nell'estate del 1936. Allo scoppio della seconda guerra mondiale venne trasferita, per timore che rimanesse colpita in uno dei frequenti bombardamenti, in un tranquillo porto del Nord della Irlanda dove rimase fino al 1946, utilizzata come rimorchiatore per i peschereggi e barche a vela. Nel Luglio del 1946, rientrava nel porto di Londra da dove era partita sei anni prima, per sfuggire alla follia della guerra. Il giorno del suo 40 compleanno, nel Giugno del 1954 
IRENE OF BOSTON, venne acquistata da un ex capitano di Falmouth, in Cornovaglia, col quale compì un giro del mondo che durò sei anni. Partita dall'Inghilterra nel 1954, con a bordo il capitano sua moglie e i suoi tre figli, diresse per l'isola di Madeira, entrando poi in Mediterraneo dove girovagò sino alla fine del 1956; quindi attraverso il Mar Rosso, raggiunse Aden, Karachi, Bombaj,Colombo,Singapore, dove trascorse il Natale del 1957; proseguì per il Borneo settentrionale, attravesò l'Oceano Pa- cifico, fino alle isole Marchesi, e nel Febbraio del 1959 arrivò a San Francisco, dove restò ferma 5 mesi per essere rimessa in ordine e rifarsi quasi tutto il corredo di vele. A fine Luglio dello stesso anno riprese il mare e attreversò il Canale di Panama, raggiunse, in tempo per potervi fe steggiare il Natale, l'isola di Haiti. Vacabondò nel Mar Delle Antille sino alla fine di Aprile del 1960, per poi far vela verso New York, da dove, il 20 Sett. del 1960 salpò alla volta del porto di Falmouth per giungervi, ormai quasi cinquantenne, 35 gg dopo. Questa affascinante avventura fà entrare IRENE OF BOSTON nell'Olimpo delle grandi barche che appartengono alla storia della navigazione a vela oceanica e fa capire a noi, moderni figli della plastica e dell'alluminio che cosa significa una volta costruire una vera BARCA. Dal rientro del giro del mondo, se ne perdono le traccie fino al 1969, anno in cui la troviamo a Malta, con proprietario e bandiera americana, attraccata nel porto di La Valletta. Le sue luci di via di ottone e petrolio, lo scafo di robusta quercia inglese, le sue classiche linee d'acqua sono sempre oggetto di ammirazione da parte di chiunque la veda cullarsi elegantemente nelle acque dovunque essa arrivi. Nonostante la veneranda età 
IRENE OF BOSTON, non ha perso la certezza di essere sempre affascinante, essa ha il potere di trasmettere a chi la vede la piacevole 
sensazione di essere in pace con la propria anima. Magia di un nome Omen nomen, dicevano i latini, e Irene, infatti vuol dire pace. Nel 1971 IRENE OF BOSTON venne in Italia, esattamente a Napoli, acquistata da un ufficiale della Nato che l'adoperò per portare la famiglia e gli amici a tra- scorre le vacanze a Capri e a Ischia; ma, 5 anni dopo l'ufficiale, trasferito in Germania la rivendette ad un simpatico navigatore genovese che la impiegò oltre che per abitarci, per fare del "charter" estivo lungo le coste della Calabria e della Sicilia. Ma alla fine dell'estate del 1981 il suo nuovo proprietario, decise di trasferirsi in Giappone, e non avendo denaro sufficiente per arrivarci con Irene, fu costretto a venderla. Successivamente IRENE OF BOSTON, è stata acquistata da un gruppo di ragazzi, che affascinati dalla sua antica bellezza e dalla sua romantica storia, hanno costuito una Società , la Siddharta Yacht Center S.a.S., per poterla gestire in modo tale da farla conoscere al maggior numero possibile di appassionati di 
mare e di vela. 
Oggi risiede in disuso a Pozzallo attraccata in un posto chiamato "La Balata", dove anticamente era porto di commercio, con antichi
cantieri navali che costruivano barche dello stesso genere.

29 ottobre 2015

"Le Carrozze" - Pozzallo nella storia





Pozzallo - anni '40-'50-'60
 Il tintinnio delle carrozze era 
frequente e suscitava
 il batticuore di che aspettava il congiunto imbarcato e la curiosità delle altri.

" U' Scarparu" < IL Calzolaio >


               Mastru N'Zuliddu




Di solito era casa e putia....era uno spaccato di quartiere, un punto di riferimento per piccoli e grandi. Noi che ci affollavamo intorno al suo banchetto pieno di arnesi strani, " a'liesina"..."u'trinciettu"...."a'forma ra scarpa". Gli amici andavano a trovarlo e trascorrevano intere giornate a chiacchierare, non c'era TV o giornale che bastava per le notizie, i "si dice..." (gossip), u'scarparu era fonte inesauribile di tutto ciò che succedeva in paese come il barbiere. Sacchetti pieni di scarpe, tappini, stivali erano ammucchiati ovunque, intorno al suo sgabello, sopra magari qualche vecchia cridenza recuperata da qualche persona che se ne doveva disfare. Lui riusciva con un occhio clinico a prendere da quel mucchio di sacchetti le tue scarpe. Tacchi e supratacchi, ru punti nta fibia, nticcia ri mastici, erano le richieste frequenti. Le scarpe erano un bene prezioso, a volte ereditario, si tramandavano da fratello a fratello, da sorella a sorella. ".....piccati mastru ancora sunu buoni....rataccilla na' giustata...." Autentiche figure emblematiche di quartiere, istituzioni per gli abitanti, rispettosi di antiche tradizioni tramandati da padri. Campavano famiglie, a volte numerose, con poco, con dignità e rispetto dei valori. Capitava che finite le scuole i nostri padri ci mandavano presso le botteghe, barbieri, calzolai, sarti ecc.....pi luarini ammienzu a'strada.......qualcuno di noi apprendeva e magari continuava il mestiere altri, la maggior parte, pensavamo al gioco, alle vacanze. 
Oggi ancora qualcuno esercita per passione ma, con il consumismo, si preferisce buttare anziché riparare, ".......quantu costa a fallu riparari, 
ma cattu nova.." U' Jaffu....u'Ciellu....
u' zu Ninu....e chi ne ricorda, hanno segnato checche' se ne dica in giro, la nostra infanzia fatta di ricordi in bianco e nero, di rimpianti e di foto ingiallite dal tempo. 
 Ricordare ci aiuta a vivere, a continuare gli insegnamenti dei nostri avi: 
rispetto e amicizia.

28 ottobre 2015

Vita da Quartiere...- Pozzallo nella storia


Vita da Quartiere.....
di Franco Blandino



La vita di quartiere, per analogie si può paragonare, con le dovute cautele, alla vita dei borghi feudali.
La vita scorreva a ritmi lenti, inesorabili scandita da personaggi e avvenimenti.
La giornata iniziava con il venditore di frutta che, non potevi fare che sentire la sua presenza vuoi, per alcuni, la voce squillante, vuoi per quei terribili artoparlandi sopra la cabina della lapa che, nelle ore di filinone rompevano i timpani e....non solo.
Il massaro era una presenza fondamentale, la ricotta nà "gravagna" o, il formaggio appena fatto erano usuali nella tavola di ogni famiglia.
Non mancavano i personaggi "illustri", Don Paulieddu con il suo carretto che vantava la sua mercanzia, "fino filo per raccamare...." era il suo tipico vociare, altri personaggi che ho menzionato nei post precedenti, riempivano le giornate. Per noi ragazzi di quartiere "il vignale", era il nostro posto di aggregazione, come penso in quasi tutti i quartiere.
"i cammareddi" (capanne), erano i nostri rifugi per fumare di nascosto, le sigarette erano fatte "ca catta i pagghia", con la carta che solitamente usavano in pescheria di color giallino. Non mancavano i giornaletti "hard", dove scoprivamo le prime nozioni sul mondo sessuale (aaahhhh).
La sera si cenava presto e ci si metteva al letto con solerte fretta per poi raccontarsi tra noi fratelli, gli avvenimenti della giornata. In estate invece, ci si riuniva davanti all'uscio di casa con i vicini. Si mangiava semi ri miluna che durante la giornata venivano messe al sole per asciugare.
Noi ragazzi giocavamo alle quattro cantuneri, o a mosca cieca, ma non ci allontanavamo 
più di tanto.
Erano giorni che, allora noi ragazzi non ci rendevamo conto, magari cercavamo qualcosa di diverso, gli svaghi non erano alla "portata" di tutti e, con il nostro ingegno dovevamo sopperire a queste mancanze. Si organizzavano tra di noi, ragazzi e ragazze, autentiche feste di matrimonio o battesimo, ogn'uno portava un qualcosa e tutti insieme si mangiava.
In molti rimpiangono quei tempi di spensieratezza, di allegria e di amicizia senza alcun fine o scopo, oggi raccontando quei giorni ai nostri figli, viene il magone, non potranno mai capire come eravamo e chi eravamo.
Capita che andando in una pizzeria o avvenimento, o semplicemente a tavola, vedi tablet, iphon nella mano a chattare o commentare..........
Guardandomi indietro, vorrei seppur per qualche minuto, rivivere quei momenti, quei giochi e....sopratutto rivedere i miei cari.
A voi che leggete, vi auguro una serena e felice notte.

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Sono passati tanti anni, 
ormai
 da quando ci hanno tolto l'uso e il piacere 
della Cavagna. 
Spero che ancora sia Viva nei nostri ricordi.......

24 ottobre 2015

'O PONTI" ( lL Pontile ) Pozzallo nella storia

(foto assenza)
       - IL Pontile -      



lL Pontile, "Vecchio Molo", "Sbarcadero", 
"a Puntida", anni '80 
Anni fa , quando c'era la pescheria, era caratteristico il mercato del pesce con le barchette ( le lancitedde) che facendo la spola con il peschereccio al largo trasportavano le cassette del pesce. A pensarci bene facevano l'inverso di quello che succedeva secoli prima, quando le barche da alaggio portavano il grano dal caricatore al bastimento ancorato al largo.




Quando al ponte si sbarcava il pesce
 "pe cavaddari"... 

A notti avia statu pisanti!! 
'nta varcuzza nica i pisci sautaunu a destra e manca Cumpari Michele, rava ordini...
 Era taddu, nun putieumu ritardari, 
o molo i cavaddari aspittaunu u pisci friscu! 
Niautri, a fini jurnata cu rui liri e na cartata ri pisci si turnava a casa. 



Li chiamavamo cavaddara

 perché andavano a cavallo a prendere il pesce
 che i barcaioli pescavano lungo la spiaggia della Marza.

Da noi ed in altre della Sicilia i pisciari venivano chiamati anche Cavaddari denominazione molto strana visto che tra pesce e cavallo non esiste certamente affinità alcuna.  

Ma il motivo c era ed era ben preciso, per aumentare la loro clientela i pescivendoli avevano infatti allargato raggiungendo spesso le case di campagna e le masserie.
E lo facevano per mezzo di cavalli o muli sui quali erano sistemati a mò di bisaccia delle Cruvedde piene di ogni tipo di pesce da qui probabilmente ha origini il termine cavaddaru, caduto in disuso solo nel dopoguerra.
I Cavaddari arrivavano fino a Modica, Ispica allora Spaccaforno e anche a Rosolini dando cosi un notevole contributo a far conoscere la bontà del pesce Ro Puzzaddu.
Nel pomeriggio poi quando le Paranze rientravano a riva alla Balata le voci dei banditori animavano le vie del paese.



22 ottobre 2015

La mitica trattoria del popolo di " U zu Franciscu Campanedda "


di Franco Blandino



Una volta i quartieri dei paesi, erano autentici centri commerciali. 
C'erano "putie" di ogni genere, autentici punti di riferimento per le famiglie. 
La mattina quando si andava a fare la spesa, quasi sempre a "carrenza", famosi i libri di color nero, 
da qui il detto " viri ca si scritti a libbru niuru"....perché era usanza pagare a "quindicina" oppure " a misi appuntu". In quei minuti si scambiavano opinioni, chiacchiere di avvenimenti e gossip di paese 
(antica usanza). C'erano poi putie che erano invece delle istituzioni, una di questi era
"A' putia ro vinu ro zu Francisco", ossia Francesco Campanella. A' putia si trovava in una piccola stradina alle spalle della piazza e " spricciava anfacci" allo studio del Dott. Giunta (padre). 
L'ingresso era costituito da un piccolo bancone sormontato da una botte posto di fronte. 
A destra un tavolo con una panca e delle sedie, a SX un piccolo gabinetto. Da dietro il bancone era visibile la cucina a DX mentre a SX tre scalini conducevano in due piccole salette. 
A putia era famosa per il duo "bollito" e per "a carni no sugu", oltre naturalmente per il buon vino. 
Per noi ragazzi di allora, era punto di riferimento la domenica, dopo il cinema, 
per comprare a' pizza muddiata, un autentico mattone per la sua consistenza, costava 50 lire e non dimentichiamo u bicchieri ro passitu 
.r.i.p. cumpa' Francisco..........



20 ottobre 2015

Vista dell' Antica Pozzallo.. nella storia




IL Vecchio  Paese Antico
Ingresso al Lungomare 


    Municipio e 
Giardini Pubblici 


Via Enrico Giunta 

oggi - Corso Vittorio Veneto 


Questo è corso Vittorio Veneto nel 1915


Vecchio Lungomare


Antico Rione Scaro


Vecchia Cartina di Pozzallo 
I primi Rioni 






19 ottobre 2015

"Fornace Penna " - Sampieri -


Fornace Penna
Sampieri 


La Fornace Penna fu realizzata tra il 1909 ed il 1912 su progetto dell'ingegnere Ignazio Emmolo, che si laureò in matematica a Catania e in ingegneria civile a Napoli nel 1895. Creando la società con l'appoggio del barone Guglielmo Penna, scelse il sito di "Punta Pisciotto" a ridosso del mare, per i seguenti motivi:
il fondale sufficientemente profondo da consentire l'attracco delle navi[1],
la presenza della ferrovia,
la vicina cava di argilla, a circa 200 metri, per la materia prima,
la disponibilità di abbondante acqua da una sorgente carsica locale.
Lo stabilimento produceva laterizi che venivano esportati in molti paesi mediterranei: gran parte di Tripoli (Libia) dopo la guerra del 1911 fu costruita con laterizi del "Pisciotto" . Si lavorava dalla sei del mattino sino all'imbrunire, da maggio a settembre; con le prime piogge la Fornace Penna veniva chiusa. Vi hanno trovato occupazione un centinaio di operai in età compresa tra i 16 e i 18 anni. La cessazione dell'attività dello stabilimento avvenne durante la notte del 26 gennaio 1924, a causa di un incendio doloso che lo distrusse in poche ore.
Una lettera abbandonata attribuisce il gesto ai socialisti, mentre un'altra ipotesi adombra il sospetto di una vendetta interna alle file fasciste.
A testimonianza di quel passato produttivo sono rimasti solo dei ruderi: " 'o Pisciuottu ", così è chiamato l'antico stabilimento dagli abitanti del luogo; e nel passare inesorabile del tempo, disgregandosi silenziosamente e con discrezione, La Fornace Penna attende un suo destino. Da sempre questo edificio è stato al centro di grandi polemiche e dibattiti: tra le proposte di modificarlo in albergo o quelle di farlo divenire un luogo culturale o, semplicemente, di mettere in atto un restauro di mantenimento. Negli ultimi anni, grazie anche al fascino delle sue rovine, la Fornace Penna è stata utilizzata come set cinematografico: "La Mànnara", come viene nominata la località dove sorge la fabbrica, in un episodio dello sceneggiato televisivo Il Commissario Montalbano.


Fornace Penna

contrada Pisciotto a Sampieri,
 frazione del comune di Scicli in provincia di Ragusa.


17 ottobre 2015

Quartiere Sienia - Pozzallo nella storia



(Foto Assenza)



 Il quartiere Sienia è un'altro rione antico , il suo termine deriva dall'arabo "Sanijah "e significa 
" recipiente d'acqua". 
Il significato generale è " zona di pozzi ".
Da qui si ripartivano le strade principali che portavano a Modica , Scicli e Spaccaforno .
 Era considerata la piazza d'ingresso del paese con a centro un pozzo d'acqua dolce. 
Una zona della Sienia era nota con il nome di 
" Vignazza " .
 Si chiama così per la presenza di filari di viti coltivate dagli abitanti del luogo.
Sempre in questa zona ,precisamente in 
via Mazzini , esistevano dei fossi dove veniva conservato il grano prima di essere spedito.
 La sienia viene ricordato dagli anziani come un attivo centro commerciale.
Nei ricordi del quartiere c'è pure la festa della croce che si è svolta fino agli anni 50 e 
si celebrava ai primi di maggio.
Il termina Sienia col tempo ha subito delle piccole modifiche e oggi il quartiere si 
chiama Senia. 

(Foto Assenza)



16 ottobre 2015

"U' UTTARU".....IL Bottaio - - Pozzallo nella storia


  Antichi mestieri scomparsi

 "U' UTTARU".....


IL Sig.Giuseppe Rosa detto
"U' UTTARU".....

Un'altro pezzo della storia ...
U "ZU Pippinu u Uttaru...

Bravissima persona
era il re delle botte e riparava tutto 

Assistere al suo lavoro era un divertimento, 
specie quando travasare il mosto nella cosiddetta 
''campana''.
 Un vero conoscitore di vini. 

Lu uttaru era uno dei mestiere poco noto, ma chi lo esercitava doveva conoscere le tecniche e l'uso dei materiali. 
Maestri indiscussi, erano "li uttari ". 
Il legno più adatto per meglio conservare sia l'aroma che il colore era il rovere o il castagno. 
Dai tronchi ben stagionati ne ricavavano delle doghe che lavorate con vera maestria, in modo che, accostate le une alle altre, formassero un cerchio di legno e non si lasciasse filtrare 
una sola goccia di liquido. 
Le due estremità della botte "li cuperchi" o "tamapagni" 
erano anche essi fatti con fasce di legno. 
Per meglio tenere e far legare le fasce si realizzavano dei cerchi di ferro di diametro diverso che collocava con perizia sulla botte. 

L'utilizzazione di tinelle, utticeddre, utti e uttuni era tanta.

La piazza era il punto preferito - re uttari- che arrivavano in coppia per rendere più agevole lo scarico della merce, in genere a fine Agosto alcune settimane prima della vendemmia, quindi proprio nel periodo in cui si aveva maggior bisogno di nuove botti, barili, barilotti, tini, damigiane, bottiglioni, tutto veniva sistemato per terra e diviso per settori allo scopo di facilitarne la scelta.
Oltre e uttari ambulanti c erano quelli locali molto bravi conoscitori del mestiere.. 
Anche su ordinazione fabbricavano botti di tutte le dimensioni le loro Putie si trovavano tutte nella zona antica, delimitata dall inizio di via Rapisardi un tempo via Depretis e dalla Vignazza, dalla Senia e dalla prima parte di 
via Mazzini. 
Le prenotazioni arrivavano anche in altre periodi dell anno dato che dalle nostre parti molte famiglie erano proprietari di vigneti o lenze come venivano chiamate un tempo 

Giuseppina Occhipinti - Pozzallo nella storia

Chi ha conosciuto
a 'Za Pippina Uoccipinti ?

A Pozzallo tutti !!
la chiamavano la donna dalle mani di fata.
Quante slogature ha sistemato a za Pippina,
 a quei tempi più di un ortopedico e fisiatra messi insieme.


In questa foto :
con le due sorelle - da dx.  a 'Za vannina - a 'Za Puppina e - a' Za thresa
Giovanna - Giuseppina - Teresa
                                   


il vigile urbano - Pozzallo nella storia


Carmelo Privitera


Vigile Urbano a Calesse


I Vigili Urbani di Pozzallo agli inizi degli anni 80
da sn. Franco Campo, Salvatore Paternò, Domenico Blandino,
Rosario Iozzia, Giuseppe Monte, Salvatore Agosta, Giovanni Caruso,
Costantino Salvino, Rosario Ciacera Macauda


14 ottobre 2015

IL Caricatore - Pozzallo nella......Storia




La zona tra Pozzallo e Santa Maria del Focallo, come accertato da Paolo Orsi, risultava abitata da contadini e pescatori già in epoca bizantina: l'archeologo trentino rinvenne lungo la costa compresa tra Pietre Nere e Santa Maria del Focallo alcuni ruderi , tra cui quello di un forno, risalenti al XII secolo.
Nel 1908 fu inoltre ritrovato in un terreno di proprietà del marchese (e in seguito podestà) Corrado Tedeschi un recipiente con all'interno 600 monete romane.
Circa 400 di esse furono trafugate, mentre le restanti 229 furono studiate da Orsi
 che le datò tra il 72 e il 249 d.C.
 Alla fine del XIX secolo fu ritrovata nella zona dello Scaro un'antica tomba messena, risalente alla terza guerra messenica e 
appartenente ad un re.
 Verso la fine del XIV secolo della zona compresa tra Capo Passero e Punta Regilione si interessò Manfredi III Chiaramonte, conte di Modica.
Nella zona erano presenti dei magazzini in disuso, che Manfredi aveva intenzione di valorizzare per costruire un porto strategico per la rotta verso Malta. Tuttavia nel 1391 Manfredi morì e il progetto fu ripreso da suo figlio Andrea, che costruì un Caricatore, un complesso di magazzini che comprendeva pontili e scivoli per l'imbarco di merce (specialmente frumento) 
sui velieri


I magazzini del Caricatore negli anni cinquanta
prima della completa demolizione

Caricatore: uno dei magazzini ancora esistenti, anni '90 - Dall'apertura sotto la finestra partivano i grandi "canaloni" di ferro, le "tremoje" (tremoggie). Consentivano di versare direttamente sulle barche di aleggio, che potevano comodamente addentrarsi nelle grotte, il frumento destinato all'imbarcazione. Dopo l'ultimo restauro, l'apertura è stata misteriosamente rimossa (vedi foto nei commenti). C'è da chiedersi chi sia stato l'artefice di tale scempio, capace di cancellare uno degli elementi imprescindibili del racconto storico del magazzino e di tutto l'antico porto.



  Magazzini Caricatore "Pozzallo"

 In seguito Martino I di Aragona ordinò l'invasione della Sicilia e mise a capo delle truppe Bernardo Cabrera che nel 1392 conquistò l'Isola e fece decapitare Andrea per alto tradimento; per premiarlo, il re aragonese lo nominò Grande Ammiraglio del Regno di Aragona e gli concesse il territorio della Contea di Modica. Cabrera ampliò il caricatore e costruì la piana dei fossi, una serie di fossati capaci di contenere migliaia di salme di frumento[4]. Quando morì, la contea passò al figlio Giovanni Bernardo Cabrera, che chiese l'autorizzazione per poter costruire una torre di difesa per difendere la zona dalle incursioni dei pirati, che solevano nascondersi nelle rade di Raganzino, Maganuco e Cala Brigantina; il Decreto di Erezione della Torre è datato 1429 ad opera di Tommaso Fazello, che attribuisce erroneamente la costruzione a Bernardo e non al figlio Giovanni Bernardo. La Torre del Pozzallo, in seguito denominata Cabrera, aveva mura esterne spesse due metri ed era lambita dal mare su un lato. Dopo la separazione da Modica, Pozzallo conobbe un decollo economico e commerciale, con la costruzione di alcune strade (la rotabile Pozzallo-Modica, la Pozzallo-Spaccaforno e la Pozzallo-Scicli, nonché, in territorio comunale, la via Scaro e il Lungomare Pietrenere e l'affermazione di alcune famiglie borghesi (i Pandolfi, i Giunta, gli Avitabile e i Polara-Tedeschi che controllavano le attività commerciali del comune

lL Caricatore era formato ,oltre dai pontili, da magazzini-depositi denominati "Zarbatana ". 
I Chiaramonte , divenuti signori della Contea di Modica ( 1296-1392 ) ,furono i primi ad intuire che Pozzallo , con la sua ampia spiaggia e la sua posizione, poteva essere di strategica importanza per gli interessi della Contea e diventare un porto mercantile per la commercializzazione dei suoi prodotti verso Malta e verso altri paesi del Mediterraneo. 
Nella parte di costa compresa tra la spiaggia Pietre Nere e la " Balata " fu costruito il 
" Caricatore " un complesso formato 
da magazzini 
tutti edificati sulla costa , dove venivano convogliati i prodotti della contea 
(carrube,grano,orzo,canapa,olio,formaggio e bestiame) e da una serie di pontili e scivoli, per l'imbarco dei prodotti sui velieri. Pozzallo ben presto divenne uno degli scali più importanti della Sicilia. Sotto i conti " Cabrera ", succeduti ai Chiaramonte nel 1392 , furono costruiti nuovi magazzini e un pontile per l'ormeggio dei velieri. Nel 1429 il " caricatore " divenne 
" Regio Caricatore " . 
Durante la querra mondiale i magazzini furono usati come dormitorio per 1200 prigionieri tedeschi.

Nel 1693 la Torre crollò in seguito ad un terremoto. Fu ricostruita applicando alcune modifiche al progetto originale. Oggi la torre è Monumento Nazionale, ed è riportata sullo stemma della città di Pozzallo. Per una questione estetica, alcune finestre originali sono state ricostruite totalmente attenendosi il più possibile alla forma originale.

L' iter travagliato dello stemma di Pozzallo è durato ben sette anni , dal 1931 al 1938. 
Nel maggio del 1931 era stata chiesta la concessione di uno stemma costituito da una Torre quadrangolare d' argento in campo azzurro con una stella in alto a destra e con il motto " Secundus Ventis ". Tale stemma concesso nel maggio del 1933, non soddisfa tuttavia l'amministrazione comunale . Infatti, il 22 agosto 1934 il Podestà invia al prefetto una lettera con cui si chiede di inserire nello stemma una 
goletta , posta accanto alla torre nel basso cantone destro o sinistro, perchè è la 
goletta , simbolo del paese eminentemente marinaro , che spiega il motto 
" Secundus Ventis " . Dopo tanti appelli e battaglie cartacei , viene accettata la richiesta di inserire la goletta nello stemma, 
siamo nel 1936 . Nel 1937 viene riconosciuto al comune il diritto di far uso di uno stemma e di un Gonfalone .

Articolo tratto dal libro " Pozzallo città di mare ".










- Don Pietro Armenia -


DON Pietru Armenia 


DON Pietru re gelati:
Ogni mattina la sua "voce" era particolarmente attesa dai bambini mentre , nel pomeriggio, faceva da sfondo sonoro al riposo dei più grandi: il suo passaggio significava però gradevolezza. 
Per tutti si trattava in fondo di un appuntamento quotidiano al quale molti erano da tempo abituati. L'eco della sua voce ne segnalava peraltro la vicinanza: don Pietro Armenia spuntava infatti pedalando il suo carrettino bianco, montato su tre ruote di bicicletta che ne facilitavano gli spostamenti. 
Nel suo interno vi erano installati dei pozzetti di metallo, cilindrici e con coperchio a cupola, colmi di granita di limone o mandorla, che veniva tenuta in densità costante dal ghiaccio frantumato che avvolgeva i contenitori.
Durante il " filinona " , protagonista diventava però il gelato: per difendersi tuttavia dal sole cocente, don Pietro si fermava all'ombra delle case, dove veniva raggiunto dai bambini con i soldi in mano.
Gli accoglieva sempre sorridendo e con tanta voglia di chiacchierare: fra l'altro, quando si accorgeva che qualcuno se ne stava appartato, con dolcezza gli faceva segno di avvicinarsi per offrigli il gelato, felice in cuor suo di avergli dato una gioia seppur momentanea. 
Rientrava a casa all'imbrunire, quando i recipienti erano ormai vuoti.
IL 25 luglio 1998 la famiglia volle festeggiare i quarant'anni di attività, vestendo a festa la Gelateria Santa Rita, aperta nel 1957 in via Studi 54: offrendo logicamente gelati a tutti , al suono della Banda Cittadina, mentre la gente del vicinato riempiva la via , ornata di 
festoni e luminarie. 
Dopo appena una settimana , egli cessava di vivere per una malattia il 1°agosto 1998 all'età di 78 anni.
 

DON PIETRU Cosa dire! L'uomo che ha spezzato il silenzio di quei tristi filinoni estivi.... 20 £ il gelato....al limone cioccolato e vaniglia....la gentilezza della persona... il grande Don Pietru re gelati ...POESIA... Don Pietru ...e' ancora vivo nel ricordo dei pozzallesi..
 



Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

anticamacina

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