26 gennaio 2021

La leggenda dei tre giorni della merla

 


La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell'onda del tempo
Una storiella che ha infinite varianti da posto a posto.
Una cosa é però in comune a tutti: la data. I tre ultimi giorni di gennaio, considerati appunto i più freddi nonché una specie di cartina di tornasole, dato che in base a come si presenta il tempo gli esperti sanno trarre indicazioni per come sarà il clima dell'anno.
 Non conta che qualche metereologo si sia affannato a dimostrare che non tutti gli anni é così, che anzi le medie dicono che c'é qualche altro giorno più freddo. 
La tradizione non si é spenta. O meglio, la tradizione non si era spenta.

 1^ storiella......
Gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, capitò a Milano un inverno molto rigido. 
La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. 
I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti..... 
Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. 
Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante.  
Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni.
 La neve copriva ogni briciola.
 Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia.
 Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po’ di tepore. 
 Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. 
Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. 
Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine. 
 Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola.
 
 2^ storiella......
 I tre giorni della merla, il 29, 30 e 31, una tradizione che viene da lontano e che vuole che siano i tre giorni più freddi dell'inverno. 
 Tanto freddi che una merla, che allora aveva le piume bianche, intirizzita, ma al tempo stesso preoccupata per i suoi figlioletti, non trovò di meglio che andare a posarsi su un camino. 
Ci stette tre giorni, perché il gelo impediva persino di volare. 
Poi arrivò fortunatamente febbraio. 
Pallido fin che si vuole ma il sole riuscì a ridare vita e speranza.
Merla e figlioletti poterono stirarsi, riaprire le ali e volare.
 I tre giorni sul camino però avevano prodotto una profonda trasformazione nel piumaggio, divenuto nero per la fuliggine, nero senza rimedio. 
 Da allora i merli nacquero tutti neri.

 3^ storiella......
 I tre giorni della merla sono considerati i giorni più freddi dell'anno.
 Se sono freddi, la Primavera sarà bella, se sono caldi la Primavera arriverà tardi.... 
 Una volta i merli erano bianchi. 
 Un giorno per il troppo freddo uno entrò in un camino per scaldarsi e ne uscì dopo tre giorni tutto nero per la fuliggine.
Due merli dalle candide piume, maschio e femmina , si ripararono per il freddo in un camino. 
Non avendo nulla da mangiare il maschio decise di uscire per cercare qualcosa.
 Dopo tre giorni tornò e trovando un uccello nero come il carbone, non riconobbe la sua merla e tornò indietro per cercarla.
 La merla, annerita per la fuliggine, nel frattempo morì di fame.

 4^ storiella......
 Il merlo e la merla si sposano alla fine di gennaio, al paese della sposa, oltre il Po. 
Dovrebbero riattraversarlo per tornare nella loro casa, ma si è fatto tardi e si fermano per due giorni presso dei parenti. 
La temperatura si abbassa molto. 
Merlo è costretto ad attraversare il Po ghiacciato, ma muore. 
Merla piange ed il suo lamento si sente ancora lungo il Po, nelle notti di fine gennaio

. 5^ storiella......
 Secondo la tradizione popolare gli ultimi tre giorni di gennaio coincidono con i tre giorni più freddi dell'inverno. 
 Tanto che perfino la Merla, che un tempo aveva il piumaggio bianco, per riscaldarsi andò a ripararsi in un camino.
 Il suo manto divenne grigio per la fuliggine e da allora rimase di tale colore.

12 gennaio 2021

" La più lunga nave autoraddrizzante e inaffondabile "



Non conta il tempo quando serve a ricordare il sacrificio di un uomo e la responsabilità lasciata che, nel suo nome, continua ad operare nel bene del prossimo.

 Nasce da questa considerazione il varo della nuova nave della Guardia Costiera, la CP420 battezzata “Natale De Grazia”, la più lunga nave autoraddrizzante e inaffondabile mai costruita in Italia e tra le più imponenti in Europa. 

 E la Sicilia è stata testimone d’eccezione di questa bella storia: l’imbarcazione, infatti, è stata costruita nei cantieri navali Intermarine di Messina, dove è stata inaugurata qualche giorno fa.

 Realizzata in lega leggera, è lunga 33,6 metri e larga 8,15 metri, ospita dieci uomini di equipaggio e rientra nella categoria SAR (Search and Rescue). 

 Per queste caratteristiche rappresenta il massimo della tecnologia
 navale odierna, 
Non conta il tempo quando serve a ricordare il sacrificio di un uomo e 
la responsabilità lasciata che, nel suo nome, continua ad operare 
nel bene del prossimo. 

 Nasce da questa considerazione il varo della nuova nave della Guardia
Costiera, la CP420 battezzata “Natale De Grazia”, la più lunga nave autoraddrizzante e inaffondabile mai costruita in Italia e tra le più imponenti in Europa.

 E la Sicilia è stata testimone d’eccezione di questa bella storia:
 l’imbarcazione, infatti, è stata costruita nei cantieri navali Intermarine di
 Messina, dove è stata inaugurata qualche giorno fa. 

 Realizzata in lega leggera, è lunga 33,6 metri e larga 8,15 metri, ospita dieci uomini di equipaggio e rientra nella categoria SAR (Search and Rescue). 

 Per queste caratteristiche rappresenta il massimo della tecnologia 
navale odierna, 
grazie anche alla propulsione e agli strumenti di comunicazione
 all'avanguardia.

 È inoltre la prima motovedetta di una nuova classe di unità navali,

 chiamata "Angeli del mare", dedicata a chi ha operato in mare con generosità e sacrificio.

 La CP420 “Natale De Grazia”, infatti, lega, suo malgrado, la storia del 
passato con quella odierna. 

 Natale De Grazia fu un ufficiale della Guardia Costiera che ha fatto della sua vita una testimonianza di umanità e di coraggio e la cui storia, di amore per la legalità e per il mare, resta viva nel cuore di tanti, cittadini
 e istituzioni.

 Proprio in mare, 25 anni fa, perse la vita mentre indagava su un traffico
 di rifiuti radioattivi a bordo di navi mercantili nel Mediterraneo.

 Poco più di due mesi fa, invece, a Milazzo Aurelio Visalli, sottufficiale 
della Guardia costiera, è morto in mare nel tentativo di salvare due adolescenti.

 Sembra, dunque, un bel segnale di continuità che 
l’imbarcazione, oltre
 ad essere stata realizzata in Sicilia abbia preso il largo 
proprio da Messina, visto che è stata progettata per la ricerca e il salvataggio in mare in condizioni meteo-marine avverse. 

 All’inaugurazione, a sottolineare l’importanza di questo nuovo
 ingresso nella Capitaneria erano presenti le autorità, il Comandante
Generale del Corpo delle Capitanerie di porto Guardia Costiera
Ammiraglio Ispettore Capo Giovanni Pettorino, e 
Anna Vespia, moglie 
De Grazia e madrina dell’evento.

 Grazie alle sue potenzialità, una maggiore autonomia, maggiori
 capacità ricettive e una migliore logistica per 
l’equipaggio e per il ricovero di naufraghi, l’imbarcazione di sicuro svolgerà al meglio il suo
compito tenendo fede al modo “Tenax pro maris salute”,riportato
sull’imbarcazione e che era il monito quotidiano de comandante
De Grazia.



10 gennaio 2021

" La Trappola Del Topo "



Attraverso il buchino del muro il topolino guardava il contadino e la moglie che stavano aprendo un pacchetto. "Che cibo ci sarà?" - si chiedeva il topolino che rimase sconvolto nel vedere che era una trappola per topi. Il topolino fece il giro della fattoria avvisando tutti: - "C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!" Il pollo alzò la testa e disse: "Signor Topo, capisco che è una cosa grave per te, ma non mi riguarda. Non mi preoccupa affatto." Il topolino andò dal maiale dicendogli, "C'è la trappola per topi in casa! C'è la trappola per topi in casa!" Il maiale con empatia disse: -"mi dispiace molto, Signor Topo, ma non c'è nulla che io possa fare, eccetto pregare. Ti assicuro che sarai fra le mie preghiere." Il topolino allora andò dalla mucca: -"C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!" La mucca disse, "Ohh.. Sig. Topo, mi dispiace per te ma a me non disturba." Quindi, il topolino tornò in casa, con la testa bassa, molto scoraggiato, per affrontare da solo la fatidica trappola. Durante la notte sentirono uno strano rumore che echeggiò per la casa, come quello di una trappola che afferra la sua preda. La moglie del contadino si alzò subito per vedere cosa avrebbe trovato nella trappola. Nel buio, non vide che era un serpente velenoso con la coda bloccata nella trappola. Il serpente morsicò la moglie del contadino che dovette portarla d'urgenza all'ospedale, con la febbre alta. Come molti sanno, nella cultura contadina, la febbre si cura con una zuppa di pollo fresco, quindi il contadino con il suo coltellone uscì nel pollaio per rifornirsi con l'ingrediente principale della zuppa. La malattia della moglie però non passava e così tanti amici vennero a trovarla per starle vicino. La casa era piena e per nutrire tutti, il contadino dovette macellare il maiale. Ben presto la moglie morì e tanta gente venne al suo funerale tanto che il contadino dovette macellare la mucca per offrire il pranzo a tutti. Il topolino dal buchino del muro guardò il tutto con grande tristezza. La prossima volta che sentite che qualcuno sta affrontando un qualche problema e pensate che non vi riguardi, ricordate che quando uno di noi viene colpito, siamo tutti a rischio. Siamo tutti coinvolti in questo viaggio chiamato vita. Prendersi cura gli uni degli altri è un modo per incoraggiarci e sostenerci a vicenda. "Quando senti suonare la campana non chiederti per chi suona. Essa suona anche per te". 

(Ernest Hemingway)

La Vera Storia Della Befana



Gesù Stelladellestelle 



In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. 
Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. 
Però aveva un pessimo caratteraccio. 
Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. 
Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente. 
Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. 
Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. 
La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. 
Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. 
Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. 
Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. 
Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. 
Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta. 
Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. 
C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. 
Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. 
Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. 
Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. 
Più per curiosità che per altro andò ad aprire. 
Si trovò davanti uno di quei re. 
Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: 
“Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. 
Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. 
Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa. Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione. Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica. Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare. Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona. Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi. Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”. E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù. Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni. È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.

Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

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