15 ottobre 2013

" Antichi mestieri - antichi proverbi "




Tantu amuri e tantu sdignu.
 Tanto amore e tanto disprezzo. 
Si dice di un rapporto d’amicizia o d’altro genere 
che si muta repentinamente in odio dichiarato.

Tantu va la quartara all'acqua, fina ca si rumpi.
 Tanto va il vaso di creta all’acqua, fino a 
quando si rompe.
 Questo proverbio indica chiaramente un fatto incontrovertibile: 
che ogni cosa è soggetta all’usura del tempo e prima o poi si rompe definitivamente. 
L’adagio si presta a molti usi, confacendosi tanto a oggetti quanto a persone,
 per es. nel caso di chi ha una condotta di vita piuttosto sregolata e in questo modo sembra andare pericolosamente incontro a malanni.

Rispetta lu cani pi facci dillu patruni.
 Rispetta il cane per rispetto del padrone. 
Si dice quando si tratta bene una persona non esente da critiche
 per rispetto di un suo congiunto a noi caro.

Visu a ‘rrisu e cori affisu. 
Viso sorridente e cuore offeso.
 Detto che tende ad invitare alla tolleranza nei riguardi di eventuali offensori, 
nonostante ci sia dell’ipocrisia nel non manifestare apertamente i propri sentimenti.

Monaci e parrini, taliati la missa e 
stoccaci li rini. 
Monaci e preti, guardati la messa e 
spezzaci le reni.
Sferzata di carattere anticlericale, autentica pasquinata che contiene purtuttavia un 
fondo di verità,
 nel senso che bisogna diffidare da singoli monaci e preti eventualmente soggetti al fascino di umanissime debolezze, non però della funzione ecclesiastica, verso cui bisogna 
essere rispettosi.

 L’arbulu s'addrizza quannu è nicu. 
L’albero si raddrizza quando è piccolo. 
Suggerimento di carattere didattico-pedagogico di estrema attualità:
non è mai troppo presto per impartire l’educazione al figlio, 
in modo che gli insegnamenti inculcati da piccolo possano imprimersi bene nell’animo ed accompagnarlo nei lunghi anni 
della sua esistenza.

Iúnciti cu lli miegli di tia, e appizzaci li spisi.
 Stai con i migliori di te, anche a costo di perderci le spese. 
Crediamo non occorrano altri commenti.

 'Ncapu lu re, c’è lu viceré.
 Sopra il re, c’è il vicerè.
Spesso chi assume un ruolo subalterno comanda di più rispetto a chi detiene il sommo potere, 
come il vicerè rispetto al re.

Acqua e fuecu nun ci cògliri ‘mprisi.
 Non fare imprese che riguardano acqua e fuoco. 
L’aspetto pericoloso di questi due elementi, 
cioè il fuoco e l’acqua, era particolarmente sentito in una società arcaica,
ma è valido ancora, come invito alla prudenza nell’aver a che fare con essi.

 La matinata fa la iurnata.
 La mattinata fa la giornata (lavorativa). 
Assimilabile al detto il mattino ha l’oro in bocca.



13 ottobre 2013

" Antichi mestieri - antichi proverbi siciliani "




Cu avi un figliu parrinu, avi un ‘gnardinu.
 Chi ha un figlio prete, ha un giardino:
 in tempi lontani ma non troppo avere un ecclesiastico in famiglia era 
sinonimo di agiatezza,
 in periodi in cui “la miseria era più diffusa 
della malaria”,
 per usare le parole del poeta caraibico Derek Walcott (cfr. la lirica Jane Eyre in 
“Mappa del Nuovo Mondo”, Adelphi 1992).

Un patri abbadà a deci figli, e deci figli nun sieppiru abbadari a un patri.
Un padre ha badato a dieci figli, e dieci figli non hanno saputo badare a un padre. 
Un tempo, spesso la rivalità tra i figli finiva 
per colpire il genitore, 
abbandonato al suo destino senza le cure 
del caso. 
Perenne monito verso i figli, che dimenticano di essere stati allevati dai propri genitori e spesso non vanno neanche a fare visita 
all’anziano padre.

 Di sali minticcinni na visazza, 
cònzala comi vua: è sempri cucuzza! 
O anche nella versione più abbreviata conzala comi vua è sempri cucuzza. 
Di sale ce ne puoi mettere una bisaccia, condiscila come vuoi: è sempre zucca! 
Detto che origina dalle abitudini alimentari piuttosto parche dei nostri avi,
 che per arginare i morsi della fame si nutrivano spesso e volentieri di ortaggi.
Naturalmente, i condimenti nulla possono contro certi alimenti particolarmente insipidi a confronto di pietanze più sostanziose.
 L’adagio si riferisce sia a cibi 
particolarmente poveri, 
che metaforicamente a persone e cose che, con tutti gli abellimenti e i decori del mondo, risultano spesso di scarso pregio.

La gatta ca unn’arriva alla saimi dici ca è agra. 
La gatta che non arriva al lardo dice che è agro.
 Come il proverbio precedente,
 ne esiste una versione diffusa in tutta Italia e che in origine prende spunto dalla fiaba di Esopo,
 La volpe e l’uva, cioè: quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba.

 Cu è figliu di gatta, surci piglia.
 Chi è figlio di gatta, prende topi: 
variante da cortile del noto adagio latino Talis pater, talis filius (Tale padre, tale figlio).

 Li primi cagnola s’arramazzanu. 
I primi cuccioli si stramazzano.
 Proverbio triste e crudele, deriva dal barbaro uso di uccidere i primi cuccioli
 che vengono al mondo, 
secondo una diceria più deboli e malati rispetto ai successivi, scagliandoli a terra.
 Oggi ci fa inorridire, ma l’adagio ha un risvolto positivo, nel senso che può assumere il senso che le prime prove in cui ci si cimenta non possono sortire l’effetto sperato.

Cu li sordi ‘ntasca è sempri Natali e Pasqua
 Coi soldi in tasca è sempre Natale e Pasqua:
 ovvio che la ricchezza è sinonimo di felicità festiva per chi ha la fortuna di raggiungerla!
La figlia fimmina nilla fascia, la doti nilla cascia.
 La figlia in fasce, la dote nella cassa.
 Può essere inteso sia nel senso letterale,
 in quanto in epoca di matrimoni ahimè precocissimi la dote era considerata importantissima, che in senso metaforico, come consiglio popolare alla previdenza in 
ogni azione pratica.

 Luntanu di l’uecchi, luntanu dillu cori 
È una semplice traduzione del corrispondente detto italiano:
 lontano dagli occhi, lontan dal cuore.



Biagia - Silvana ❤ La Storia di Pozzallo_3 Silvana La Pira_3

                         - Silvana La Pira -

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