di Francesco Blandino
Quasi ogni settimana era "tiempu ti jardiri u' funnu".
Perché si usava impastare e infurnare il pane una volta a settimana e, in molti a "quindicina". Solitamente era il marito che, lavorando nei campi, ricugghia fraschi po luci.
La donna aveva il compito, una volta impastato, ri jardiri u' funnu in attesa che il pane lievitasse.
Molte usavano abbinare alla ' nfurnata qualche scaccia o "scifitieddu" con prodotti semplici e dell'orto, pomodoro, basilico e formaggio.
Il pane doveva servire per il fabisogno della famiglia per tutto il tempo stabilito, per l'appunto una settimana e oltre.
Molte usavano il primo "casciuolu" ro cantarano per la conservazione il perché mi fu spiegato da una mia parente:.....solitamente è, se ci fate caso, il primo cassetto e' quello che ha la chiave e di conseguenza si poteva chiudere onde evitare, ed era inevitabile, che la fame prendesse il sopra vento.
Nei quartieri solitamente c'era il forno pubblico dove, si ci andava dopo aver scelto il giorno.
A Vanedda Vicci, difronte alla putia ri romana Jaffa,
di fronte alla sacristia ra chiesa San Pietro, c'era a za Vannina Spaccallassa, moglie ro
-foto- Putia Romana Jaffa
di fronte alla sacristia ra chiesa San Pietro, c'era a za Vannina Spaccallassa, moglie ro
zu Franciscu noto per il suo pappagallo parlante e.....per le sue battutine.
Al forno si accedeva scendendo due gradini e subito trovavi "u briuni", a sx il forno vero e proprio ed in fondo la grande stanza-abitazione.
Nell'attesa della nostra "cudduredda" noi bambini venivano cacciati dal forno per il semplice fatto che, per impastare le donne dovevano allargare le gambe e non sempre il "reggipetto" era della taglia giusta per contenere il seno che, con il movimento
ra' schianatura.....ondulava per la gioia di noi innocenti bambini.
E per allontanarci da simile spettacolo, andavamo nta ciappetta ra Chiesa a giocare a palline oppure o scisciuni per la collera ri patri Giannone.
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