’a Assenza, ’a riṭṛattista
Sfax (Tunisia), 21
novembre 1924 Pescate (Lecco), 11 maggio 1995
Clara Grispo Giovane, bella, distinta, appartenente ad una famiglia italiana emigrata in Tunisia a fine Ottocento, Clara Grispo arrivò da noi dopo la Seconda Guerra Mondiale quando, nel 1945, i nostri connazionali ivi residenti furono rimpatriati secondo precisi accordi internazionali.
Giunti in Italia via mare, furono avviati verso i centri di accoglienza allestiti in Toscana, dove sarebbero rimasti il tempo necessario per operare la scelta di una residenza stabile: i Grispo preferirono Pozzallo, località marittima che rispondeva meglio alle loro esigenze.
Vi giunsero alcuni mesi dopo, trovando immediata sistemazione nei locali della Colonia Marina, dove rimasero fin quando tutti ebbero la possibilità di stabilirsi in abitazioni più consone alle loro aspettative.
L’incontro di Clara con Meno Assenza fu il classico colpo di fulmine che avvicinò due giovani fatti l’uno per l’altra: le nozze furono celebrate il 1º luglio 1950, per procura, dato che la sposa e famiglia erano state nel frattempo richiamate in Tunisia per dirimere alcuni importanti problemi riguardanti le loro proprietà.
Poco tempo dopo Clara rientrò comunque a Pozzallo, cominciando la sua nuova vita di sposa che l’avrebbe peraltro impegnata presto come mamma: di lì a poco nacque infatti Ninì, seguito nel 1953 da Massimo, il secondogenito.
Come moglie, cominciò ad interessarsi subito del lavoro del marito, stimolandolo fra l’altro nel suo desiderio di partecipare ed affrontare le lotte civili e politiche.
Desiderio che era tuttavia condiviso da entrambi: cosicché, famiglia, educazione dei figli, lavoro e politica furono il fulcro attorno al quale era imperniata un’esistenza che diventava ancora più ricca di valori.
Clara gli fu sempre al fianco, in perfetta comunione d’intenti che non lasciavano comunque prevedere o intuire i giorni tristi che di lì a poco avrebbero trasformato la loro vita: l’improvvisa malattia del marito ed il suo immediato ricovero all’Ospedale "Umberto I" di Roma nel tentativo di salvargli la vita, lo portarono purtroppo alla morte il 28 maggio 1959 mentre lei era in attesa della terzogenita, Minù, nata tre mesi dopo il luttuoso evento.
Furono quelli momenti di grande dolore, di angosciosi stati d’animo, di sofferenze e di incertezze, lontani un abisso dai sogni dorati della sposa felice qual era stata: a volte la disperazione aiuta però a reagire con forza, per dare valore alla vita e, soprattutto, per trasmettere il vigore e gli stimoli miranti al futuro dei figli.
Ad un certo momento, la luce ha illuminato il suo cammino, le ha fatto trovare la forza di superare lo scoramento, dimostrando prima a se stessa e poi agli altri, grinta e determinazione nel suo impegno di madre coraggiosa.
Ed il suocero, pur nel costante e struggente dolore di padre, le fu straordinariamente vicino, guidandola - ahimè per poco - nell’attività del marito, riuscendo a trasfondere in lei i segreti del mestiere e, nello stesso tempo, sicurezza ed autonomia: don Ninì morì infatti il 13 dicembre 1960, lasciandole in retaggio l’amore per la professione ed il compito di andare avanti, guardando al futuro con speranza.
La gente capì il dramma di questa donna, nel contempo fragile e forte, apprezzandone la forza d’animo, la volontà di affrontare la stessa attività del marito, del quale avvertiva costantemente la presenza: un lavoro di famiglia duro ma appagante, diventato per Pozzallo quasi un’istituzione, da trasmettere quindi ai figli, superando angosce e difficoltà non indifferenti.
Ed i figli, che le furono molto vicini, s’immedesimarono nelle sue preoccupazioni materne, seguendola nella sua professione, entrando alfine anche loro in attività, a cominciare da Ninì nel 1968, seguito nel 1971 da Massimo: e fu per loro un impegno pieno, fotografando personalità, manifestazioni varie, cerimonie pubbliche e private, ecc. Purtroppo, gravi motivi di salute arrestarono bruscamente le sue giornate, sempre così piene di movimento: colpita infatti da leucemia, dopo due anni di sofferenze che la portarono più volte in ospedale,
Clara si spense a Pescate, in provincia di Lecco, a casa di sua figlia, l’11 maggio 1995, presenti i tre figli e i familiari.
Aveva 71 anni. Donna intelligente ed intraprendente, aveva sempre dato l’impressione della donna battagliera, che aveva saputo farsi apprezzare per capacità, affabilità e naturalezza, con le quali si era inserita in mezzo alla nostra gente: tanta era ormai in lei la "pozzallesità" che appartiene ad ognuno di noi.
Aveva soprattutto saputo tener alto il prestigio della professione di famiglia, affidata oggi ai figli che ne sono i continuatori diretti. E sarà probabilmente così anche per loro: in un cambio generazionale al passo coi tempi.
Luigi Rogasi Pozzallesi del xx secolo