Ormai non si utilizza più ma, fino a circa quarant’anni fa, era uno dei giochi più diffusi: uno di quelli grazie ai quali si potevano trascorrere ore e ore spensierate.
Di legno, a forma conica, con in punta (estremità inferiore) un perno d’acciaio, attorno alla trottola viene avvolta, in modo da formare una spirale che va dalla punta di ferro alla parte più alta e larga, una corda che permette, nell’atto del lancio, di far ruotare la trottola.
I ragazzi facevano vere e proprie competizioni per vedere chi riusciva a farla girare più a lungo.
Molti ragazzi si procuravano il legno per la trottola e il falegname col tornio la creava .
Il legno più pregiato era quello d’ulivo, mentre il faggio meno, per la sua fragilità.
Anche a Condove alcuni ragazzi erano veri e propri giocolieri che riuscivano a far ruotare la strummula in ogni luogo; miei compagni di scuola, forse meno bravi sui libri, erano molto invidiati perché avevano un’abilità eccezionale, la loro trottola, una volta lanciata, riusciva a girare sulle mani, sulle ginocchia, sulle punte delle scarpe.
Le modalità di gioco erano diverse ma la più comune consisteva nel disegnare un cerchio sulla terra battuta del diametro di circa 1,5 metri; lanciando la trottola in rotazione all’interno del cerchio, chi riusciva a far uscire la trottola del cerchio continuava il gioco.
Se la trottola dopo aver girato si fermava dentro il cerchio gli altri giocatori
si accanivano a colpirla con la loro.
Ma se una trottola lanciata non riusciva a girare o ad uscire dal cerchio restava ferma a prendere i colpi delle trottole avversarie.
Si scagliava la propria trottola su quelle ferme nel cerchio, facendo in modo che il perno, agendo come un trapano, spaccasse il legno.
Il perno dello sconfitto rappresentava l’ambito trofeo.
A volte succedeva che qualche trottola fragile si spaccava e quindi rabbia e lacrime del perdente e le risate degli altri, per non correre simili rischi si ricorreva a trottole di legno molto duro.
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